Entropie,  Life

Passaggi

Different mindset, different culture.

Lavoro

Periodo di passaggi di consegne, cambi di stagione, promozioni più o meno aspettate, il classico cambio di priorità e di tipo di attività, meno tecniche più gestionali e comunicative. Qualche arrivederci, qualche addio e qualche oblio.

Cambia in parte il contesto, la nazione, gli interlocutori ma alcuni pattern si ripetono. Il Dio Budget è quello che come al solito detta legge e chi non riesce a sottostare a questa regola può solo che migrare altrove, oppure come spesso accade qua, di prendersi una pausa, un garden leave in alcuni casi. Ma c’è anche chi avendo poche esperienze si focalizza su di una situazione non pensando che sia per forza di cose la peggiore possibile. Non esiste il lavoro “perfetto”, esistono condizioni temporanee più o meno favorevoli. La prima è quella economica, senza un riconoscimento economico il concetto di lavoro non sussiste.

La seconda è il riconoscimento nel ruolo da parte di noi stessi, da parte di chi collabora con noi, e da parte di chi ci da ordini.

La terza è il complementare del lavoro stesso: quanto ci rimane da vivere oltre alle ore dedicate ad una giornata lavorativa? Quanto il lavoro ci occupa fisicamente e psicologicamente nelle 24 ore?

La quarta è la “compagnia” ovvero il fattore umano: i colleghi, i clienti ed eventualmente i fornitori.

Quale di questi aspetti incide di più sulle nostre scelte? Beh penso sia molto soggettivo.

Fatto sta che non esiste azienda, dalla più piccola startup alla più grande corporate, in cui qualcuno non darà prima o poi le dimissioni o viceversa cerchi di esservi assunto. Ad eccezione naturalmente di una attività che stia fallendo.

Vita

In una fase dell’umanità in cui molte certezze sono state distrutte e molte abitudini sono state temporaneamente modificate abbiamo avuto un po’ tutti il tempo di riflettere. “Ne usciremo migliori” dicevano, ma chi ci ha mai creduto? Ne siamo usciti (dalla prima ondata) al massimo con qualche riflessione in più.

Da un lato abbiamo vissuto una forma di ascetismo forzato, un prendere le distanze da amici, parenti e conoscenti ma anche un quasi morboso interesse nel vedere cosa succedeva qualche migliaio di chilometri più in la.

Mentre molti si scoprivano infettivologi o esperti di radiazioni abbiamo chiarito quanto siamo fragili e poco pronti a repentini cambi di abitudini. E banalmente che anche il raffreddore è un virus.

Tornando in patria per tre settimane ho trovato un mondo a cui non ero abituato, ho visto come una tragedia possa cambiare drasticamente anche i più normali contesti, per esempio entrare in un semplice autogrill.

Ho visto come molte persone abbiano vissuto male, con un timore generico che li ha portati a chiudersi in casa e non andare neanche a fare la spesa, magari ordinando pure del cibo online preparato come e chissà da chi.

Persone che piuttosto di investire qualche soldo per effettuare un test e togliersi qualsiasi dubbio, sono rimaste per mesi lontano dai propri cari.

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